"Ma io non voglio condividere che...". "Allora non ti recupererai!". Questa è stata la risposta del mio sponsor alla maggior parte delle mie paure. Non posso giungere alla sobrietà nell'isolamento. Né posso ottenerla se non la condivido. Nel gruppo SA in cui mi sono recuperato il servizio era molto considerato. È lì che sono stato introdotto al servizio verso "Ospedali e istituzioni". Si tratta di un gruppo di sessodipendenti che svolge attività di servizio presso centri di recupero, carceri, chiese e altre organizzazioni. Prendiamo un gruppo di membri di SA e portiamo il messaggio al personale, ai clienti o ai pazienti.
Ora, essendo un sessodipendente in recupero, il mio primo pensiero o sentimento è quello di non condividere la mia storia con nessuno, tantomeno con delle persone che nemmeno conosco. Quindi, alle mie prime volte, ero terrorizzato. Ero sobrio da 6 mesi e una delle prime strutture in cui ho condiviso la mia storia era chiamata Drug Court ("Tribunale per le droghe"). Ciascuno di noi è salito su di un palco con un microfono e ha raccontato la sua storia. È stata la prima volta che ho sentito me stesso dire: "Ciao, sono Ryan e sono un sessodipendente. I miei modi di agire comprendono la masturbazione cronica e il furto di scarpe da donna". E la mia voce è risuonata come per un'eternità. Poi accadde la cosa più magnifica: non sono morto.
Prima di quella sera avevo raccontato al mio sponsor la mia paura: se avessi raccontato a qualcuno dei miei modi di agire, quello mi avrebbe pugnalato con un coltello o, peggio, avrebbe riso di me. Lui mi ha incoraggiato a farlo comunque. È stato allora che ho sperimentato il principio che più cose conosci di me, più io sono libero. E dopo ogni servizio mi sono sentito sempre più a mio agio con me stesso e con gli altri. Questo ha trasformato gli eventi più orribili della mia vita in uno dei più bei benefici ottenuti nella mia esistenza.
Uno degli altri eventi è stato quello della John School. Questo programma è stato creato dal Dipartimento di Polizia di Nashville ed era rivolto a uomini che erano stati arrestati mentre approcciavano delle prostitute. Alle persone arrestate fu ordinato di partecipare a una presentazione di un'intera giornata alla quale fu chiesto a SA di partecipare. Prima del Covid, in media c'erano tre o quattro membri di SA che condividevano la loro storia: com'era, cos'è accaduto, come è ora. Abbiamo fatto del nostro meglio per portare questo messaggio ai sessodipendenti e per mettere in pratica questi principi in tutte le nostre attività. Dopo aver condiviso la nostra storia con il personale e i partecipanti della John School, restavamo a rispondere alle domande, a distribuire gli opuscoli di SA, copie del Libro Bianco e a tenere una riunione dopo l'incontro. Era un grande promemoria per ricordarmi dove si era spinta la mia sessodipendenza e di quanta strada avrei potuto ancora percorrere.
La struttura di servizio SA è stata fondamentale per rendere possibile questa attività di sensibilizzazione. Poiché si tratta di un'iniziativa più grande di un singolo gruppo, essa è guidata dall'Intergruppo di Nashville. C'è un servitore del SIP, il comitato di Sostegno per le Istituzioni e i Professionisti che è responsabile di coordinare ciascun gruppo che visita le strutture. Ogni struttura ha una persona di riferimento che programma gli incontri e comunica con il centro di recupero o l'organizzazione. Questa persona è anche responsabile di invitare altri membri di SA a partecipare.
La mia esperienza con le istituzioni e i professionisti è stata più di attrazione che di propaganda. Di tanto in tanto ricevo telefonate da diversi centri di recupero nella zona di Nashville e anche altri membri di SA vengono contattati. Poi incontriamo il personale e discutiamo con altri compagni di SA che partecipano al SIP per vedere se possiamo sostenere tutto ciò che occorre.
Sono impotente di fronte a un approccio formale o all’uso di procedure "corrette". Per fortuna continuare a farne uso mi ricorda che sono un sopravvissuto, non un salvatore, e che si tratta di un sessodipendente che parla a un altro sessodipendente. Una veloce chiacchierata con il mio sponsor mi riporta alla soluzione. Dopo un incontro difficile lo chiamai dicendo: "Non credo che stia funzionando e non sono sicuro di dover continuare a farlo". Mi ha chiesto: "Sei sobrio?". E io ho risposto di sì. "Allora funziona. Basta farla semplice".
Ryan B., Tennessee, USA